mercoledì 5 aprile 2017

Apologia del flauto dolce

Mi riferisco proprio il flauto della scuola media. Spesso bistrattato e sottovalutato, chiamato impropriamente piffero (che invece è uno strumento ad ancia doppia e che quindi si discosta molto dal flauto per quanto riguarda il meccanismo di generazione del suono) è in realtà uno strumento molto valido dal punto di vista didattico.

Un ragazzo che riesce a suonare bene un brano anche di modesta difficoltà tecnica (intendo dire: a tempo, con il fraseggio giusto, senza errori di note e con un suono pulito) ha raggiunto un certo grado di coordinamento tra mani, vista, respirazione, ecc. e questo non è assolutamente un risultato di poco conto.

In primo luogo deve aver imparato le posizioni di apertura/chiusura fori e soprattutto aver imparato a passare dall'una all'altra sulla base di quanto scritto sullo spartito. Serve quindi lavorare sulle capacità motorie delle mani e stabilire un primo coordinamento con la vista. Le note vanno lette e capite e cioè associate in modo corretto al movimento delle mani. Se ci pensate bene vi rendete conto che non è affatto un obbiettivo banale da raggiungere.


Ma per produrre un bel suono con il flauto l'esecutore deve emettere fiato nella giusta quantità: le note più gravi richiedono un soffio più leggero mentre è il contrario per quelle più acute. Ogni tanto è necessario anche respirare ma quando farlo è una questione sia fisiologica che musicale. Molto spesso le frasi musicali sono concatenate in modo tale che il respiro dell'esecutore coincida l'articolazione del discorso musicale ma non sempre è così; in questi casi ci sono difficoltà supplementari che richiedono esercizio continuo per essere superate agevolmente. Ad ogni modo anche qui potete vedere che c'è da lavorare se si vogliono ottenere buoni risultati.

La qualità del suono è determinata anche dallo strumento in sè e qui va detto che gli strumenti a basso costo che si acquistano in cartoleria o al supermercato dimostrano i loro limiti. Nei negozi specializzati si possono acquistare strumenti migliori ma sempre a buon mercato (poche decine di euro).

Ma se esiste anche l'eccellenza: date un'occhiata al sito della ERTA Italia e poi mi dite. 

Un'ultima considerazione: quasi sempre i brani da studiare assegnati a scuola sono per un singolo esecutore ma nulla vieta di dedicarsi ad un repertorio scritto per più strumenti e affrontare quindi generi musicali polifonici più complessi senza per questo caricare gli esecutori di difficoltà tecniche eccessive.

Ad ogni modo se volete avere un'idea di che cosa si riesce a fare con un flauto dolce ascoltate questa trascrizione del concerto italiano di J. S. Bach (che in originale è per clavicembalo).

Poi ci sono persone entusiate come Fabio Vetro che suonano di tutto 😊.  

sabato 1 aprile 2017

Che strumento suoni? La pianola

Per molte persone io suono la pianola: non il pianoforte, non l'organo o altro strumento a tastiera (il sintetizzatore ad esempio) bensì la pianola.

Ritengo che sia arrivato il momento di fare un po' di chiarezza sulla questione 😄.

In effetti negli anni '70 e '80, se penso al mio contesto familiare/scolastico, o suonavi il pianoforte o suonavi "la pianola". Con questo termine ci si riferiva a tutta una serie di strumenti a tastiera tra loro diversi: l'organo elettronico, i piccoli chord organ prodotti ad esempio dalla Bontempi (molto simili all'armonium per quanto concerne la generazione del suono), ecc. La gente però semplificava e riduceva il tutto ad un unica parola: pianola.

Altri strumenti a tastiera che invece godevano di una loro individualità erano l'organo (cioè l'organo a canne) e l'organo Hammond ma si sapeva che qui si giocava in un altro campionato.

 Detto questo però, la pianola rimane uno strumento diverso da quello che comunemente viene inteso dalla gente: si tratta infatti di un pianoforte automatico, uno strumento che è in grado di suonare in modo autonomo brani musicali codificati per mezzo di fori su di un rullo di carta. Potete soddisfare la vostra curiosità consultando la pagina che wikipedia gli ha dedicato.

Perchè questo post?

A cavallo tra gli anni '70 e '80 si collocano le mie prime esperienze musicali (cioè suonare e scrivere musica) e in quel periodo il primo strumento a tastiera che ho avuto a disposizione era un organo elettronico prodotto dalla Farfisa che si chiamava "Bravo". Per i motivi spiegati sopra quello strumento, non assomigliando per nulla ad un pianoforte, non poteva che essere una pianola 😡.

E' chiaro che rispetto a "organo elettronico" o a "sintetizzatore" questa parola è più semplice da pronunciare e immediata. Ricorda infatti il nome del pianoforte ma nello stesso tempo qualcosa di diverso. Però io ci tenevo che la gente usasse il termine corretto perchè pianola suonava un po' da sfigati (inutile girarci intorno).

 Ma non ero certo l'unico: anche il grandissimo Rocco Tanica si è definito pianolista del gruppo Elio e le storie tese e non faccio fatica a capire il perché.

Oggi, con qualche anno in più sulle spalle, quando mi capita ancora di sentirmi definire come un suonatore di pianola mi limito a confermare il fatto (non senza un certo sentimento di orgoglio 😀).

Prendere bene gli appunti

Perdendo tempo su Instagram mi sono imbattuto in un profilo pieno di foto di appunti presi con molta cura. Si trattava di appunti presi a sc...